Giornata internazionale contro la violenza sulle donne: Rompiamo il silenzio sulla violenza

Il Silenzio Parla è la nuova campagna di Coop in collaborazione con Differenza Donna per divulgare informazione e sensibilizzare in vista della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.

Articolo a cura di Paola Minoliti

Anna è giovane e innamorata, ma appena sposata ha scoperto in suo marito l’inferno: dalle offese si è passati alle minacce, alle spinte, agli schiaffoni… Con due bimbi piccoli e senza un lavoro stabile, uscire dalla casa- prigione dove si sente reclusa sembra impossibile. Isabella invece voleva farla finita col fidanzato gelosissimo dopo averlo frequentato per poche settimane. Quando ha cercato di chiudere con lui lo ha visto trasformarsi in uno stalker che la perseguita senza tregua, giorno e notte, con centinaia di messaggi e pedinamenti. E ancora Antonella, dopo una vita di botte, si è ritrovata in ospedale e ha finalmente deciso di dire basta.

I nomi sono inventati, ma le storie sono verissime e, per fortuna, hanno un lieto fine: sono alcune delle donne che hanno trovato la forza di lanciare un grido di aiuto e salvarsi chiamando il 1522, il numero verde nazionale contro la violenza sulle donne e lo stalking.

Uscendo dal silenzio, in tante hanno imboccato una strada nuova e hanno ricevuto quel sostegno che ancora in troppe non riescono a trovare: quest’anno, a fine settembre, si contavano in Italia già 90 donne uccise, di cui 75 in ambito familiare o affettivo. Una ogni tre giorni, in un crescendo di casi di cronaca sempre più raccapriccianti e tragici. Una mattanza che, quasi sempre, arriva dopo un’escalation di minacce e violenze da parte di mariti, compagni, amici ed ex che vogliono disporre a piacimento delle donne e non accettano di perdere controllo e potere. La punta di un iceberg di un’oppressione fisica e morale che poggia solidamente su una cultura e un contesto sociale in cui le donne sono ancora subalterne da troppi punti di vista.

SI PARTE DA UN BISCOTTO

Rompere il silenzio, rifiutare la violenza, trovare le “parole per dirlo”, è proprio l’invito che Coop rivolge a tutte le donne, con una nuova tappa della campagna “Close the gap” contro la disuguaglianza di genere: l’iniziativa “Il silenzio parla” che da metà novembre (il 25 si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne), prenderà il via nei negozi delle cooperative di consumatori. «Di violenza alle donne – spiega Maura Latini, presidente di Coop Italia – parlano tutti tranne le vittime: giornalisti, psicologi, avvocati, opinionisti… Spesso finendo per colpevolizzare proprio chi la violenza l’ha subita, come è avvenuto in diversi casi eclatanti anche di recente. Invece un’altra strada è possibile: raccogliere e far emergere le storie delle donne vittime di violenza, porre il loro punto di vista al centro della riflessione e dell’attenzione di tutti».

Coop dunque darà loro voce, grazie alla collaborazione con Differenza Donna, che dal 2000 gestisce il 1522, e metterà a disposizione i propri prodotti e spazi per diventare luogo di confronto e condivisione su questo tema.
Grazie a un QR code inserito sulla confezione, bianca per l’occasione, di quasi mezzo milione di pacchetti di diversi frollini classici Coop, si potranno ascoltare su un sito le storie delle donne vittima di violenza direttamente dalla loro voce. O, meglio, da quella di alcune attrici che hanno accettato di interpretarne il racconto, narrato in prima persona e stilato con l’aiuto delle operatrici di Differenza Donna. L’effetto, nei negozi, sarà quello di un “muro” bianco come il silenzio, appunto, in cui il QR code aprirà la strada all’ascolto. Un modo per conoscere e riconoscersi, entrando nelle emozioni e nel vissuto di chi ha affrontato un percorso di abuso ma anche di rinascita. A queste testimonianze Coop aggiunge un invito: se stai vivendo o sei a conoscenza di storie come queste, contatta il 1522.

Un passo ulteriore dopo che, dall’anno scorso, il numero di emergenza è apparso sul latte Coop e su molti altri prodotti della spesa quotidiana presenti sugli scaffali (compreso Consumatori, che ha messo stabilmente il numero nella propria gerenza).

UN UOMO SU TRE È UN VIOLENTO

Ogni giorno al numero gratuito arrivano in media circa 200 segnalazioni, 58 mila all’anno, con picchi di 280 contatti quando si parla di più del tema, come il 25 novembre: telefonate, ma anche messaggi via app, scrivendo in chat. A volte è più semplice, infatti, scrivere che affrontare una telefonata a voce – spiegano le operatrici – o chattare in casa senza essere ascoltate, ma- gari in bagno. A scrivere e chiamare sono anche, in molti casi, amici o parenti della vittima che conoscono una situazione critica e vogliono capire come muoversi per essere d’aiuto.

Sembrano molte, eppure il 90% dei casi resta sconosciuto: «Oggi sappiamo che in Italia un uomo su tre è violento – spiega Elisa Ercoli, presidente di Differenza Donna e dunque una donna su tre ne subisce la violenza. Si tratta di una grave violazione dei diritti umani ma nella nostra società, intrisa di cultura patriarcale, la violenza sulle donne viene normalizzata, banalizzata».

Anche per questo, prima di prendere pienamente coscienza degli abusi subiti e trovare il modo di allontanarsi dal carnefice passano, spesso, anni: per il 39,8% delle donne sono trascorsi più di 5 anni dai primi episodi di violenza subita, per il 34,0% da 1 a 5anni, per il 14,8% da 6 mesi a un anno e per il 7,5% da meno di 6 mesi. Un lasso di tempo che va diminuendo, ma per motivi tutt’altro che rassicuranti: «Oggi –  aggiunge Elisa Ercoli – le nuove generazioni sono più consapevoli e informate e sono circondate da una rete antiviolenza più sviluppata, che consente di far emergere prima il fenomeno. Ma è vero anche che oggi la violenza maschile si scatena e cresce in modo sempre più duro e veloce: la nuova generazione di uomini è violenta in modo più intenso, rapido e grave in termini di rischio. Anche tra i più giovani si perpetua un modello di relazione impari, confermato da 120 casi di femminicidio all’anno dovuti quasi sempre a uomini che non accettano la separazione. Così la dipendenza maschile si trasforma in violenza agita».

SOLO L’ULTIMA DISCRIMINAZIONE

Esistono, è vero, tanti giovani che hanno modificato il loro approccio alle relazioni intime, padri più vicini ai figli, uomini che hanno accantonato i ruoli stereotipati: «Ma non è ancora un modello trainante e con- solidato: bisogna ancora lavorare molto per il cambiamento – sottolinea la presidente di Differenza Donna. La violenza è la forma di discriminazione più grave e diffusa, che poggia su una situazione di potere e privilegio che gli uomini non vogliono perdere. Per diminuire la violenza bisogna lavorare su modelli relazionali, quelli intimi, che si basa- no sulla struttura delle società, del welfare, dell’organizzazione del lavoro».

Secondo l’Istat, nel secondo trimestre 2023 il tasso di occupazione delle donne italiane tra i 15 e i 64 anni è salito al 52,6% (+1,2 punti in un anno), ma resta molto inferiore (13,8 punti) a quello di tutti gli altri Paesi dell’Unione europea. In Italia le donne non solo lavorano meno ma hanno stipendi e pensioni più bassi, mentre il congedo di paternità resta tra i più corti d’Europa e il welfare non riesce a sostenere le famiglie nella cura dei più piccoli e degli anziani, che continua a ricadere in gran parte sulla componente femminile della società. E, se manca l’indipendenza economica, diventa molto più difficile sottrarsi a abusi e violenze in famiglia. Nell’edizione 2023 del Global Gender Gap, la classifica stilata dal World Economic Forum – che misura partecipazione economica e opportunità, risultati scolastici, salute e sopravvivenza ed emancipazione politica delle donne – l’Italia è scivolata di 16 posizioni, piazzandosi al 79° posto su 146 Paesi. Subito prima di noi c’è l’Uganda, subito dopo la Mongolia.

Insomma, in Italia l’altra metà del cielo è ancora considerata meno importante e di valore, fino a diventare oggetto di violenza vera e propria quando in qualche modo “non sta al suo posto”.

IL NUOVO CODICE ROSSO

È cambiato da pochi mesi, intanto, il cosiddetto “Codice rosso”, la normativa penale e processuale sulla violenza domestica e di genere. Un iter accusato di aver prodotto ben pochi risultati, viste le tante uccisioni di donne che pure si erano rivolte alle forze dell’ordine per proteggersi. Oltre all’obbligo già esistente per il pubblico ministero di sentire la persona offesa o chi ha riferito i gatti di reato entro 3 giorni dalla denuncia, è previsto in caso di inadempienza il procuratore della Repubblica possa revocare l’assegnazione e delegarla a un altro magistrato dell’ufficio.

Basterà? «Alcuni aspetti della nuova normativa sono apprezzabili – risponde la presidente di Differenza Donna – e dettaglia meglio le procedure, ma in mancanza di fondi rischiano di restare lettera morta: senza risorse aggiuntive come faranno i tribunali a intervenire più rapidamente? Chi denuncia la violenza subita finisce per rischiare ancora di più la vita se non ha altre risposte intorno. Dunque, prima di denunciare bisogna conoscere i propri diritti, comprendere i pericoli e assicurarsi una rete di protezione, per poi decidere cosa fare. Non servono nuove leggi, basterebbe applicare quelle che ci sono e incidere sui problemi strutturali e culturali alla base della violenza. Servirebbero pool antiviolenza, forze dell’ordine specializzate, procedure chiare, magistrati competenti, ma anche docenti, percorsi e libri scolastici, campagne capaci di incidere sulle relazioni intime mettendo al centro la responsabilità degli uomini violenti. Tutte cose che costano e che, a differenza di una legge, non si fanno a budget zero».

 

I NUMERI

segnalazioni al 1522 all'anno

confezioni di biscotti

dei casi di violenza resta sconosciuto