Gennaio 2025 – Christian Casarotto
Christian Casarotto
Il ghiacciaio può essere definito come una massa naturale di ghiaccio, derivante dalla trasformazione della neve, dotata di movimento e in equilibrio con il clima. La sua origine, evoluzione ed estinzione sono quindi determinate dall’energia che il ghiacciaio emette e da quella che riceve dal sole e dall’atmosfera, dalla temperatura, umidità, precipitazioni, velocità e direzione del vento. Il tutto condizionato da fattori geologici, geomorfologici e topografici.
Sulle Alpi i ghiacciai si estendono per circa 2000 km2 e, dall’inizio della Rivoluzione Industriale, hanno subito una riduzione del 35% (circa 1850). L’arretramento è aumentato a partire dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso. Questo fenomeno si concretizza nell’emersione di isole rocciose, nella frammentazione di ghiacciai prima confluenti, creazione di nuovi laghi di contatto glaciale, incremento della copertura detritica superficiale, nella disintegrazione ed estinzione di numerosissimi ghiacciai. In questo quadro il glacialismo italiano, per le sue caratteristiche di esposizione e di dimensioni, occupa un posto molto delicato. Secondo il nuovo Catasto dei Ghiacciai Italiani (Smiraglia e Diolaiuti, 2015), sul versante meridionale delle Alpi si localizzano 901 ghiacciai. Tutti questi (368 km2), messi insieme come un puzzle, potrebbero coprire grosso modo la superficie del Lago di Garda. I ghiacciai italiani sono in prevalenza di piccole dimensioni (meno di 0,5 km2), localizzati in gran parte su versanti, senza lingue che raggiungano le valli. Tutte queste caratteristiche li rendono molto vulnerabili e sensibili anche alle piccole variazioni climatiche.
Nel 2015, nei pressi della fronte del Ghiacciaio di Lares (secondo ghiacciaio del Trentino per estensione, 4 km2, 2015), si osservava la presenza di crepacci circolari (fig.1), risultato della presenza di una cavità all’interno del ghiacciaio. Negli anni a seguire la cavità diventò via via sempre più grande portando al crollo della volta (fig.2). È così che si formano i calderoni! Al Ghiacciaio di Lares la volta della cavità era crollata formando un enorme calderone di 100 metri di diametro, una finestra aperta verso l’interno del ghiacciaio che mostrava la roccia e i depositi presenti alla sua base. Era come guardare, dal margine di un cratere, l’interno di un vulcano.
Nell’inverno del 2020 il Muse e il Gruppo Speleologico di Lavis hanno avviato un’attività di rilievo speleologico delle cavità formate alla base del Ghiacciaio di Lares. Orientate come i raggi di una bicicletta, dal centro del calderone partivano grotte, scavate tra il ghiaccio e la roccia, che permettevano di esplorare l’interno del ghiacciaio camminando alla sua base. Il silenzio era interrotto solo dal rumore delle gocce d’acqua di fusione; I colori spaziavano dal bianco al blu e i differenti strati di ghiaccio, come fossero le pagine di un libro, trasformavano il ghiacciaio in un libro da leggere e che ci raccontava della velocità con la quale stava andando incontro a fusione.
Negli ultimi decenni i calderoni si osservano a quote sempre più elevate e i crepacci circolari concentrici si riconoscono in gran numero osservando la superficie. Questa è la manifestazione di una sempre più accentuata fusione del ghiacciaio che non avviene soltanto in superficie ma anche al suo interno e in alta quota. Se non vi saranno sensibili cambiamenti nelle tendenze climatiche attuali, la superficie e il volume dei ghiacciai alpini continuerà a ridursi. Un incremento della temperatura estiva di 3°C potrebbe ridurne dell’80% l’attuale superficie. Ma ci troviamo ad affrontare un ventaglio di possibili scenari in relazione alle politiche di emissione di gas serra clima alteranti; il futuro dipenderà da noi.
Fig.1. Crepacci circolari alla fronte del Ghiacciaio di Lares, nel 2015
Fig.2. Il Ghiacciaio di Lares con il grande calderone alla sua fronte formato nella stessa posizione dei crepacci circolari osservati nel 2015