I Ghiacciai in ritiro: storie di guerra e crisi ambientali – Valeria Lencioni

La fusione dei ghiacciai rivela una duplice eredità: da un lato, preziose testimonianze storiche della Prima Guerra Mondiale; dall'altro, la seria minaccia della contaminazione ambientale da metalli pesanti.

A cura di Valeria Lencioni

La fusione dei ghiacciai rivela una duplice eredità: da un lato, preziose testimonianze storiche della Prima Guerra Mondiale; dall’altro, la seria minaccia della contaminazione ambientale da metalli pesanti.

Tra i reperti bellici della “Guerra Bianca” combattuta lungo il fronte austro-ungarico, in Adamello, troviamo armi, elmetti, zaini, scarponi e oggetti di uso quotidiano dei soldati: in alcuni casi, emergono anche i corpi dei soldati caduti, spesso ben conservati dal ghiaccio dove sono rimasti sepolti per oltre 100 anni. Storie umane commoventi che tornano alla luce e che possono essere raccontate attraverso lo studio dei loro vestiti, medaglie e documenti.

Molti reperti vengono recuperati e conservati in “musei della guerra” per preservare la memoria storica di quegli eventi, essendo beni culturali il cui studio e la cui conservazione contribuisce a mantenere viva la memoria collettiva. Ma se matasse di filo spinato, proiettili, bombe e fucili vengono lasciati in loco, una volta esposti all’aria corrodono e rilasciano metalli e metalloidi che possono essere accumulati dagli organismi che vivono in questi ambienti.

Tra gli organismi più esposti ci sono i Ditteri Chironomidi, moscerini che trascorrono la maggior parte della loro vita in acqua come larve e pupe, e solo pochi giorni come adulti dotati di ali. Con il genere Diamesa sono i principali colonizzatori dei corsi d’acqua che scorrono sulla superfice del ghiacciaio (le cosiddette bedière) e dei torrenti glaciali che scorrono dalla fronte del ghiacciaio al fondovalle. La loro sopravvivenza è minacciata dai cambiamenti climatici in atto, ovvero dall’aumento della temperatura, dal ritiro dei ghiacciai, dalla diminuzione di acqua di fusione glaciale e dal suo inquinamento progressivo dovuto al rilascio di sostanze inquinanti prima intrappolate nel ghiaccio e poi rilasciate con la sua fusione. Tra queste arsenico, antimonio, rame, piombo, nichel, stagno, zinco e ferro che si accumulano nell’acqua e nelle larve dei Chironomidi che ci vivono in concentrazioni fino a novantamila volte superiori rispetto a quelle dell’acqua. Attraverso la catena trofica del torrente questi metalli possono trasferirsi ai pesci che mangiano le larve degli insetti acquatici e agli uccelli acquatici e all’uomo che si nutrono di pesci.

Le guerre quindi non solo causano milioni di vittime, ma inquinano anche il suolo, le falde acquifere e le acque superficiali nei campi di battaglia dove l’artiglieria è stata abbandonata.

I ghiacciai fondendosi stanno restituendo anche reperti di un passato molto più remoto. Un esempio sono le incisioni rupestri risalenti all’Età del Bronzo (1600–1200 a.C.) scoperte su superfici rocciose liberate dal ghiaccio, come quelle rinvenute a oltre 3.400 metri sotto il Pizzo Tresero.

La gestione di questi siti e reperti richiede la collaborazione tra esperti di tossicologia, archeologi, storici e autorità di gestione del territorio per
– sviluppare strategie di recupero e bonifica che minimizzino l’impatto ambientale
– valorizzare il significato storico e identitario dei manufatti
– onorare al meglio la memoria dei soldati caduti, contrastando il saccheggio dei resti
– preservare le testimonianze più antiche, come le incisioni rupestri

In questo contesto, è essenziale anche la collaborazione dei cittadini: è necessario che la popolazione sia informata su come comportarsi di fronte al ritrovamento di un reperto bellico per garantire sia la propria sicurezza sia la corretta gestione del reperto stesso.